giovedì 2 marzo 2017

Restituzione e condivisione: come si chiude un Laboratorio Munari®?

Quando ho iniziato a studiare il Metodo Munari® una delle più grandi scoperte è stata imparare che un Laboratorio era fatto di fasi precise e suddivise. In questo un Laboratorio Metodo Bruno Munari® è molto, molto diverso dagli altri laboratori esistenti. 
Adamantina, eccola lì la rivelazione: il laboratorio non è solo fare qualcosa intorno ad un tavolo!
Il laboratorio comincia dal primo sguardo che corre fra me e i bambini, e finisce con l'ultimo, con una chiusura finale, un saluto.
E' proprio di questa conclusione che oggi voglio parlarvi. 

Da chi ho imparato mi è stato insegnato che questo momento finale si chiama di "restituzione" o di "condivisione". 
Ho faticato moltissimo per conquistarlo: durante i miei stages, mentre studiavo, sono stata ripresa più volte; una volta finito il mio studio - quando a quel punto ero sola con i bambini a sperimentarmi io per prima - ne ho avuto spesso paura.  
Non vi nego che, talvolta, in certi gruppi e in certi situazioni, sono tentata di saltarlo a pie' pari, probabilmente qualche volta all'inizio l'ho pure fatto, sicuramente alcune volte ho condotto questo momento in pessimo modo!
E' la parte più difficile, un momento faticoso, a volte complesso: i bambini sono sempre stanchi, se li conosco poco - o se si conoscono poco fra loro- se la maggioranza è di bimbi piccoli, possono essere timidi e dunque molto silenziosi. 
Ho faticato moltissimo per conquistarmelo, ma ora posso dire senza ombra di dubbio che è un momento nel quale mi diverto moltissimo. 


Fotografia di Simona Balmelli

Che cos'è questo momento? Quando accade?
Quando finisce un Laboratorio invito i bambini a lasciare il tavolo dove fino a quel momento si è sperimentato per spostarsi in un altro punto del luogo che ci accoglie. 
E' uno spazio che ho identificato fin dall'inizio, e che dovrebbe essere più neutro e libero possibile, spesso coincide con un grande tappeto. E' anche il punto dove spesso comincio il Laboratorio -anche se questa opzione varia a seconda di molti fattori, primo fra tutti l'attività proposta.
Ringrazio sempre i bambini per l'attenzione che hanno avuto fino a quel momento, li comprendo nella stanchezza che hanno e che spesso dimostrano con ogni parte del loro corpo: è questo il momento in cui cominciano a diventare irrequieti, assumono mille posizioni, sembra che il loro corpo sia diventato di colpo minuscolo e non li contenga più. 
Chiedo loro ancora un pochino di attenzione e cerco di riportarli nel Laboratorio, guardandolo però da un altro punto di vista.
Fino a quel momento hanno sperimentato, hanno fatto senza pensare, hanno cercato un contatto tra lo strumento e il gesto, tra la mano e la materia.
Ora, e soltanto ora, questo processo diventa presa di coscienza di ciò che hanno fatto. 
E' il momento nel quale il bambino attribuisce un senso alla sua sperimentazione, e le dà voce, condividendolo con il gruppo. 



Fotografie scattate dalle maestre della Scuola dell'Infanzia Regina della Pace-Piacenza

Ci sono moltissimi modi di compiere questo momento, ogni volta cambio orientandomi secondo l'attività proposta, l'età dei bambini, il livello raggiunto durante la sperimentazione, il progetto generale che sto portando avanti, il grado di stanchezza che noto. 
A volte leggo e presento loro un libro, mostrando per esempio la tecnica che hanno sperimentato durante il Laboratorio. Se abbiamo lavorato su "I Libri Illeggibili", posso scegliere se chiedere loro di raccontare la storia del proprio libro, oppure di mostrarmi quali azioni e strumenti hanno usato, oppure posso provare a leggere io i loro libri, senza che mi dicano nulla, provando a raccontare una storia che -a seconda del giorno, dell'ora, o di chi verrà letta- sarà sempre diversa. 
Altre volte mostro loro fotografie di opere d'Arte, oppure il reale: il cielo con le nuvole, gli alberi fuori in giardino. 
E' il momento in cui buchini minuscoli diventano nascondigli incredibili, in cui si svelano sorprese, si scoprono tesori. E' il momento in cui i segni diventano futuri, possibili disegni, e appaiono immagini veloci, chiare e mutevoli come nuvole bianche di un cielo ceruleo. 
Azioni come "sfrangiare", "pieghettare", "forare" o nomi di strumenti come "fustellatrice", vengono fissate nella mente con i loro nomi precisi.
E' questo un momento di chiusura soltanto temporale: non mi scordo mai infatti che un Laboratorio Metodo Bruno Munari® si chiude in realtà in apertura, seminando, sostenendo, nel bambino una meta-riflessione di ciò che ha fatto.
Come hai fatto a farlo? Cosa hai scoperto? Cosa ti è piaciuto di più fare? In quanti altri modi avresti potuto farlo? Come possiamo andare avanti?


Fotografia di Valentina Forlini, Asilo nel Bosco- Piacenza

Vi ho mostrato molte foto mie in questo post: non amo particolarmente mettere la mia faccia, e non mi sento mai abbastanza adeguata nelle fotografie. 
Ciò che vorrei sottolinearvi però è la posizione dell'operatore. 
Ciò che vorrei dirvi, oltre a tutto quello che vi ho già raccontato, è quanto sia importante entrare in una relazione vera, autentica, con i bambini. 
Quando scopro i buchini minuscoli che hanno fatto con tanta fatica e soddisfazione, quando provo a leggere un loro Libro Illeggibile, quando provo a suggerire qualche forma di quelle nuvole, quando indico loro azioni e strumenti, cerco sempre di essere delicata, garbata. Di entrare in punta di piedi in quello che è stato il loro momento.
Di non fare loro una didattica, didascalica, cattedratica lezione. 
Cerco di spostare un pochino più in là il loro limite di attenzione, accogliendo quei corpicini che non riescono più a stare fermi, che spesso si muovono, ma che di colpo si fermano quando catturati davvero.
Cerco di ascoltarli nei loro occhi che accendono domande, risposte e ancora domande, comprensioni e illuminazioni.  
Cerco, e ci riesco sempre, di divertirmi insieme a loro.